In viaggio lungo le latitudini di Edward Hopper, per scoprire itinerari, paesaggi e motel che hanno ispirato i capolavori del cantore dell’altra America. Con la possibilità di vivere un’esperienza unica: entrare (e perfino dormire) nella camera con vista dell’iconico “Western Motel”.
Interno giorno, una camera con vista inondata dalla luce e un’atmosfera sospesa, come immersa nell’incanto. È il 1957 quando Edward Hopper, il cantore dell’altra America, dipinge Western Motel, un’opera di una normalità così autentica che potrebbe essere il frame di un road movie girato negli States. Ora l’idea di entrare in quella stanza (ricostruita in ogni dettaglio, proprio come sul set di un film) diventa realtà. A lui, l’artista che ha distillato l’essenza della condizione umana, il VMFA di Richmond (Virginia), dedica la “Hopper Hotel Experience”, esperienza che offre ai visitatori la possibilità di “vivere” (e perfino dormire) nel quadro del grande pittore di Nyack. Come? Il museo ha allestito in un’area espositiva il «Western Motel», ricostruendone l’ambiente a grandezza naturale, così da potervisi accomodare come nella camera di un roadside hotel.
Hopper, infatti, amava viaggiare: nel suo bestseller The Art of Travel, Alain de Botton nota che l’artista americano attraversò gli Stati Uniti in auto ben cinque volte tra il 1940 e il 1950, facendo tappa in avventurosi lodge e motel illuminati dalle insegne al neon che punteggiano la vastità del paesaggio lungo le highways. Questo aspetto meno esplorato della suo percorso creativo, ha rappresentato il focus della mostra di scena al VMFA: un omaggio all’iconografia dell’ospitalità nell’arte di Hopper, con particolare attenzione ai temi del paesaggio, del viaggio (rigorosamente “on the road”) e al ruolo dell’architettura, protagonista silenziosa di molti suoi capolavori.
1. EDWARD HOPPER, UN “PITTORE CINEMATOGRAFICO”. Wim Wenders ha definito i dipinti di Hopper come «frame di un film mai realizzato»: opere sospese tra seduzione del dettaglio (per sollecitare la nostra curiosità) e ambiguità del contesto (per mantenere un alone di suspense sulla trama). Un pioniere nell’arte dello storytelling, diremmo oggi. Ci si accorge così che quella che al primo sguardo può sembrare una scena di vita quotidiana è una composizione rigorosamente studiata e “scenografata”, in cui ogni elemento – luce, strade, binari ferroviari, case e finestre – concorre a creare uno scenario su cui aleggia un alone di mistero e nostalgia. La più famosa, tra queste, è House by the Railroad (1925, MoMA), la casa vittoriana cui si ispirò il genio del brivido Alfred Hitckock in Psyco, film cult del 1960. L’edificio esiste davvero: si trova a Haverstraw, contea di Rockland, raggiungibile da New York con la Route 9W. C’è molto di Hopper anche nelle pellicole di cineasti del calibro di Wim Wenders, i fratelli Cohen, Todd Haynes.
2. PAESAGGI ON THE ROAD. Nel 1924, dopo il loro matrimonio, Edward Hopper e la moglie Josephine Nivison (“Jo”, musa e modella di molti dei suoi quadri), intraprendono numerosi viaggi transcontinentali in treno verso il Colorado e il New Mexico. Nel 1929, per esempio, viaggiano da New York a Charleston, nella Carolina del Sud, nel Massachusetts e nel Maine. In quello stesso anno Hopper dipinge Railroad Sunset: un tramonto abbagliante nel bel mezzo del nulla: all’orizzonte solo binari ferroviari in attesa di un treno, un palo del telegrafo e un piccolo segnalatore. C’è poi la destinazione più amata da Hopper: Cape Cod, la cittadina dell’East Coast dove nel 1930 acquistò una casa-studio nei dintorni di Truro. È questa penisola affacciata sull’Atlantico lo “scenario naturale” protagonista di molti suoi dipinti dell’epoca, come ricordano i “carnet de voyage” di Josephine. Un paesaggio rurale costellato di lagune salmastre, fari bianchissimi, litorali dorati sferzati dal vento e case di villeggiatura. Hopper era ossessionato dall’architettura coloniale americana e dagli stilemi vernacolari. Non a caso, quando dipingeva un edificio si concentrava sulle sue come forme “astratte” e sui giochi di luce e ombre, piuttosto che sulla perfetta mimesi dell’architettura.
3. ILLUSTRAZIONI D’AUTORE, UN INNO ALL’OSPITALITA’. Edward Hopper iniziò la sua carriera come illustratore, cimentandosi a più riprese con la nobile arte dell’incisione sotto la guida dell’amico e collega Martin Lewis. Tra i primi incarichi professionali in questo campo, spiccano le tavole illustrate che egli realizzò per due prestigiose riviste di settore: Hotel Management e Tavern Topics. La maggior parte delle illustrazioni pubblicate sulle pagine di Hotel Management risalgono alla metà degli anni ’20, quando la rivista era stampata dalla Ahrens Publishing Co. di New York e disponibile per 3 dollari all’anno in abbonamento, oppure venduta a 25 centesimi per copia.
Un’ottima guida per conoscere gli itinerari di Hopper con un focus sul tema dell’ospitalità è il libro Edward Hopper and the American Hotel (Yale University Press), edito in occasione della mostra organizzata dal VMFA. Contiene più di 200 illustrazioni a colori e – pezzo forte – due travel guide rimovibili: per vivere in quadro anche in viaggio, lungo le latitudini rese immortali dai dipinti di Hopper.
Tutti i dettagli sulla “Hopper Hotel Experience” si possono consultare QUI (c’è tempo fino al 21 febbraio 2021).
Fonte : Ad-Italia.it