Ogni vacanza ha un ”punto di beatitudine” oltre il quale si desidera tornare a casa: i ricercatori lo hanno calcolato per noi.
Non è vero che la lunghezza della vacanza è proporzionale al beneficio, perché nel conto entrano diverse variabili. Un team di ricerca dell’Università di Tampere, Finlandia, ha scoperto lo zenith oltre il quale il piacere di vivere esperienze lontano da casa inizia a diminuire

Né troppo né troppo poco, è possibile calcolare la durata perfetta di una vacanza? Un team di ricercatori dell’Università di Tampere, in Finlandia, ha cercato di determinare il cosiddetto “bliss point”, lo zenith dopo il quale il piacere di vivere esperienze lontano da casa inizia a diminuire. Analizzando le risposte dei partecipanti a una vacanza della durata compresa fra sette e undici giorni, i ricercatori hanno scoperto che il punto di massima beatitudine prima dell’insorgere della noia, è di otto giorni. L’ipotesi è che la dopamina giochi un ruolo in questa dinamica. Secondo Peter Vuust, professore di neuroscienze alla Aarhus University in Danimarca, le novità – come il fatto di trovarsi un posto nuovo – determinano un picco nell’ormone del buon umore. “Se l’esperienza è monotona, il senso di noia scatta in fretta, mentre la varietà di una situazione rallenta il suo esordio”. Le ultime ricerche, dunque, sembrano confermare quanto aveva scoperto Daniel Kahneman, lo psicologo americano vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 2002 e fondatore della finanza comportamentale. Secondo Kahneman, infatti, la vacanza perfetta deve durare sette giorni, un lasso di tempo ideale perché il cervello percepisca il piacere sul duplice registro dell’esperienza e del ricordo.
Gli ingredienti della felicità
Ma c’è di più. Uno studio olandese pubblicato su “Applied Research in Quality of Life” ipotizza che il momento di massima felicità relativo a una vacanza coinciderebbe con le fasi dell’organizzazione. Pianificare la vacanza, insomma, renderebbe più felici di viverla veramente. Secondo i ricercatori olandesi, mentre il “risultato” di una vacanza può variare da persona a persona, il piacere dell’organizzazione è un denominatore comune a tutti coloro i quali si preparano a partire. “La fase dell’organizzazione, della progettualità è, in effetti, più caratterizzata da una percezione positiva rispetto alla vacanza in sé”, concorda da Genova la dottoressa Rossella Valdrè, psicoterapeuta e psicoanalista (www.guidapsicologi.it). “Diciamo che è un fenomeno tipico del “sabato del villaggio”. Come già aveva capito Leopardi, siamo più felici nel desiderio che nella sua realizzazione che non è mai al riparo dalla possibilità di rivelarsi deludente”. Una volta rientrati a casa, anche la percezione del beneficio varia. Se la vacanza è stata rilassante, infatti, impatta in maniera positiva sulla felicità percepita. Al contrario, osservano i ricercatori, se la vacanza è stata una fonte di stress o un’esperienza neutra, non si registrano differenze nei livelli di felicità fra le persone che sono partite e quelle che sono rimaste a casa.
Minimizzare il rischio
A quanto pare, un modo per ridurre lo stress e dunque incrementare i benefici è pianificare la vacanza nei dettagli. Una volta rientrati, chi ha vissuto una vacanza meno stressante si sente più pieno di energie per affrontare la ripresa delle attività. Sempre in base allo studio olandese, per il 74% dei rispondenti la principale ragione di stress è legata agli orari e ai trasporti. Chiedere aiuto a un agente o a un amico che vive o conosce i luoghi che si vuole visitare, sono modi per ridurre l’incertezza e lo stress. Lo stesso vale per chi viaggia con i bambini piccoli: tenere sotto controllo le variabili relative all’organizzazione delle loro giornate è determinante. Sorprendentemente, però, anche la distanza gioca un ruolo positivo nella percezione della vacanza. Esiste una relazione diretta fra la distanza percorsa e il piacere del viaggio. L’84% dei viaggiatori che hanno segnalato un più alto beneficio dopo la vacanza è la fetta di viaggiatori che è andata più lontano, spesso visitando un paese straniero.
Misurare il beneficio
Va detto, però, che una vacanza non è soltanto un’equazione economica. Chiedersi perché investire tempo e denaro per un’esperienza che non migliora la propria felicità è un modo riduttivo per guardare alla questione. Partire per una vacanza, infatti, implica una serie di benefici che non rientrano strettamente nella dicotomia felicità-infelicità. Per esempio, entrare in contatto con culture diverse, imparare una nuova disciplina o mettersi in gioco – magari, con un viaggio in solitaria sono occasioni per allargare le proprie prospettive. “Una vacanza lontano dai sentieri battuti o non conformista, definita in autonomia nell’ascolto dei propri bisogni può essere un’occasione per riflettere e rivedere le proprie scelte”, osserva la psicologa. “Confrontarsi con qualcosa di nuovo e diverso, entrare in contatto con un’alterità ci aiuta a rivedere la nostra posizione nel mondo”.
Gestire il blues da rientro Nel conto, infine, entra la depressione post-ritorno: se pianificare una vacanza e ripercorrere con la memoria le ferie sono due attività che contribuiscono alla felicità, parlare di un nuovo viaggio è un modo per contrastare il cosiddetto “blues da rientro”. “Come abbiamo detto: siamo felici nella condizione desiderante, nella fase del progetto. Se la memoria del viaggio, come spesso accade rivedendo le foto aiuta a rimettersi in contatto con l’esperienza gratificante e anche idealizzarla un po’, il progetto del nuovo viaggio, anche solo con la fantasia, è ancora più gratificante perché rilancia il desiderio verso un nuovo obiettivo” conclude Valdrè.
Fonte : https://d.repubblica.it/life/2019/07/08/news/punto_di_beatitudine_quando_in_vacanza_vuoi_tornare_a_casa_rientro_dalle_vacanze_ricerca-4473565/